La mattina del 14 novembre 2016, nel reparto di Rianimazione dell’ospedale Ingrassia di Palermo, all’età di 91 anni, è tornato alla casa del Padre mons. Saverio Ferina.
Era nato a Bisacquino (Palermo) il 12 marzo del 1925, da Filippo e Francesca Milazzo, ed era stato ordinato Sacerdote dal vescovo di Monreale mons. Ernesto Eugenio Filippi il 30 aprile 1950.
Fu Vicario a Cinisi (Parrocchia S. Fara), Parroco a Montelepre (Parrocchia S. Rosalia), a Partinico (Parrocchia S. Gioacchino), Canonico della Cattedrale di Monreale, Amministratore del Seminario Arcivescovile di Monreale, Rettore della Chiesa di Maria SS. Addolorata al Calvario delle Croci di Monreale e Parroco della stessa parrocchia, Canonico Penitenziere della Cattedrale, Direttore dell’Ufficio Amministrativo Diocesano ed Economo della Diocesi, Convisitatore per la Visita Pastorale, Giudice delegato per le cause dei Santi, Presidente dell’istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero.
Nel 1990 venne insignito del titolo onorifico di Cappellano di Sua Santità Papa Giovanni Paolo II e, nell’anno giubilare del 2000, di quello di Protonotario Apostolico.
Nel 2003 venne nominato Cancelliere della Curia e dal 2009 era Direttore dell’Archivio Storico Diocesano.
Ma qui non voglio ricordare il mons. Ferina uomo di cultura, storico, scrittore e abile interpretatore del simbolismo religioso, così come era conosciuto dalla maggior parte dei fedeli; in queste righe vorrei che emergesse, come è giusto, il don Saverio Ferina con i doni mistici che Dio gli aveva concesso e che lui abilmente e con umiltà sapeva nascondere.
Fu il punto di riferimento della mistica geracese Grazina Purpura che spesso inviava coloro che avevano bisogno di risposte "sicure" dal Monsignore.
Negli anni Settanta e Ottanta era diventato il referente del parroco di Maropati don Eugenio Anile. A lui si rivolgeva per telefono o tramite missive per discernere e interpretare episodi prodigiosi, segni emografici riferiti alla Madonna delle Lacrime di Sangue, problemi spirituali e fisici di ogni sorta.
Ecco, di seguito, uno dei tanti episodi raccontati da Mimma Anile, e di cui ho trovato traccia nelle carte lasciate dal fratello don Eugenio.
Durante la S. Messa della novena per i defunti nel 1985, numerose persone videro, per 4-5 giorni consecutivi, un giovane di circa 20-25 anni entrare in chiesa dalla porta laterale e, dopo essersi segnato con l’acqua santa, sedersi al banco, con le braccia conserte, vicino all’altare di S. Francesco. Vestiva con un giubbottino colore jeans e maglia bianca, al momento della Comunione, con devozione, si metteva in fila assieme agli altri del paese. Tutti credevano si trattasse di un forestiero, ma nessuno lo vide mai uscire dalla chiesa. Dopo la Comunione ritornava al banco e di lui si perdevano le tracce. Non tutti coloro che erano in chiesa, però, lo vedevano.
Interpellato monsignor Ferina, dal parroco don Anile su chi potesse essere questo misterioso personaggio, ecco la risposta ritrovata tra le annotazioni del sacerdote maropatese: «È il fratello della signorina (Teresa Iaconis). Vive in Dio. Il colore del vestito azzurro indica la devozione alla Madonna. È mandato da Dio come gradimento della preghiera alle anime purganti, come gradimento e anche come invito a continuare a pregare. Il suo compito è questo: aiutare le persone alla preparazione della Comunione per farla bene. Inoltre il vestito indica la misericordia di Dio. È morto in guerra ed è anche martire (È morto a 21 anni nel 1940 e si chiama Domenico Iaconis)».
Il 3 novembre 1985, alle ore 19,30, la mistica Maura Nicolosi, contattata telefonicamente dalla sorella di don Eugenio, confermava quanto detto da mons. Ferina:
«È il fratello della signorina. È morto in guerra ed è venuto a chiedere Comunioni e Sante Messe non per lui (che non ne ha bisogno) ma per altri (anime del purgatorio). Se può la signorina faccia celebrare sante Messe per le anime abbandonate e le faccia celebrare da tuo fratello che è molto devoto delle anime purganti. È venuto anche per ringraziare la sorella per le sante Messe e le preghiere fatte».
Come faceva mons. Ferina (e anche Maura Nicolosi) da Monreale a sapere dell’esistenza e della morte, durante la guerra, di Domenico Iaconis?
Chi ha avuto il privilegio di conoscerlo più da vicino afferma che vedeva gli angeli custodi delle persone e che colloquiava con i Santi.
Una volta, in un incontro nella Curia di Monreale, gli mostrai un pezzettino di stoffa macchiato di sangue, che si riteneva provenisse dalle sanguinazioni della Madonna di Maropati. Lui lo guardò, lo prese tra le mani e rimase in silenzio per alcuni attimi. Poi mi disse che non era sangue proveniente dalla Madonna e di distruggerlo. Alcuni giorni dopo, a Maropati, scoprii che aveva ragione.
Un’altra volta, sempre a Monreale, chiedemmo preghiere per una persona ammalata che doveva operarsi. Si pronunciò sia sull’esito dell’intervento sia sulla prognosi, predizioni dimostratesi in seguito attendibili.
Sarebbe auspicabile una ricerca accurata tra gli scritti personali di mons. Ferina: emergerebbero, a mio avviso, le prove della sua dedizione totale a Dio e del suo sconfinato amore per la Madonna, nella dimensione soprannaturale dei Santi.
Giovanni Mobilia
Mons. Ferina nel suo studio dell'Archivio vescovile di Monreale (2012)
Mons. Ferina e Michele Anselmo a Maropati (anni '70)